Confraternita Sant'Antonio Abate di Troina

Antonio Magno, Abate nella Tebaide

a cura di Silvestro Messina



da: Enciclopedia dei Santi. Dai Bollandisti i Santi del 17 gennaio;
a cura del sac. G. Giovanelli, Siena 1952, pp. 48-56, 153-154.

[...] Sozomeno così descrive il luogo natale di S. Antonio: Questi, nato da nobile casato era oriundo di Coma, che è un villaggio vicino ad Eraclea presso gli Arcadi. Anche Niceforo l'afferma quasi con le stesse parole. S. Atanasio: Antonio, nato da genitori nobili e religiosi, era oriundo dell'Egitto. Vediamo ora quali sono i due eremi in cui S. Antonio ha passato i suoi 70 anni di vita anacoretica. Si racconta che, dopo aver abbandonato la patria, Antonio si fosse ritirato nell'eremo e avesse abitato un castello posto al di là del Nilo, vicino a quel monte Orientale, probabilmente fra le città di Memfi, di Babilonia e di Afrodito [...]. Si era nell'anno 306 circa, quando si cominciò a costruire i monasteri, che crebbero in seguito di numero e di capacità fino a contenere migliaia di monaci.
Sant'Antonio Abate - Museo del Louvre - 425 d.c. Antonio s'inoltrò ancor più nell'interno, fra i monti del deserto, ad una distanza di tre giorni e tre notti di cammino. Il monte in cui Antonio aveva il suo eremo fu chiamato monte di S. Antonio, che si dovrebbe identificare con il monte Troico menzionato da Strabone. Il monte Troico è assai pietroso e alle sue pendici ci sono delle spelonche e, nelle vicinanze, un villaggio, detto Troia. S. Gerolamo nella vita di S. l1arione aggiunge che questo monte è alto assai, fornito di acqua dolce alle sue falde. Ugualmente scrive S. Atanasio, il quale qua e là parla d'un duplice monte, interiore ed esteriore: questo sarebbe il monte alto, quello invece il monte delle rivelazioni, dove Antonio era solito ricevere le persone che avevano bisogno del suo consiglio.
S. Atanasio scrive nella vita di S. Antonio che, prima del Santo, esistevano alcuni monasteri e che vi erano degli anacoreti; anche l'antico scrittore della vita di S. Pacomio afferma che i monaci c'erano prima del Santo, ma che non erano molti. Erano allora pochissimi i monaci nell'Egitto e nella Tebaide. E' stata la persecuzione dei crudeli imperatori, Diocleziano e Massimiano, che spinse una folla di gente nella solitudine, come se tutto ciò fosse stato predisposto dal Signore per fecondare la sua Chiesa di frutti copiosissimi [...].
Antonio morì, come ci attesta S. Gerolamo nel Cronico, nell'anno 19-esimo di Costanzo imperatore e nacque nel 250 sotto il regno di Decio.
Fin dal 270, agli inizi dell'impero di Aureliano, Antonio fu educato piamente nella casa paterna da genitori cristiani. Aveva circa 20 anni: la voce del Signore lo chiamava ad una vita più perfetta. Lascia, perciò, a poco a poco la patria e si ritira nella solitudine sormontando con fortezza gl'insulti del demonio. Desideroso d'un più severo ritiro elegge il suo domicilio fra i sepolcri dei morti e vi dura fino ai 35 anni.
Nel primo anno di Diocleziano (285 d.C.) si nasconde nell'eremo presso Afrodito, in un castello deserto, costruito sul monte, lontano dalla convivenza umana e anche dalla persecuzione, fino al 305.
Quando nel 306 Costantino succede al padre, Antonio converte molti alla vita monastica, costruisce i monasteri, che divennero su quel monte come centri di preghiera, di canti e di studio: fra questi discepoli c'era anche S. Ilarione. Allo scatenarsi della persecuzione Antonio va ad Alessandria a confortare i martiri, ed è presente alla morte di S. Pietro, vescovo di Alessandria. Ritorna quando il monastero è già costruito.
Antonio è favorito del dono dei miracoli e la gente accorre da lui. Tediato da tante visite, egli si ritira per divina ispirazione nella parte più interna della montagna e lì si procura il vitto coltivando la terra, semina, miete, macina e pesta nel mortaio: è visitato dagli ospiti, egli stesso visita i monasteri, ma poi se ne ritorna sul monte.
Condotto al Alessandria per invito di Atanasio vescovo, egli professa la sua fede confutando gli eretici e gli scismatici. Dal suo monastero, Antonio scrive all'imperatore Costantino e ai suoi figli Costante e Costanzo. Egli prevede la bufera che si sarebbe scatenata nel 339 e che avrebbe tolto la quiete alla chiesa. Nonagenario, 15 anni prima della sua morte, egli permette che due monaci vivano con lui e lo aiutino, e cessa di vivere nel 356.
Antonio ebbe numerosi ed insigni discepoli. S. Gerolamo nel suo Cronico scrive: Sarmata, Amata e Macario sono ritenuti gli insigni discepoli di Antonio. Sarmata morì ucciso dai Saraceni quando irruppero nel monastero del B. Antonio. Macario e Amata furono i due monaci che andarono a tenere compagnia al santo ormai vecchio: si credeva per poco tempo ed invece quel servizio durò per 15 anni.
Ad essi Antonio disse le sue ultime parole sul letto di morte, a loro lasciò il suo testamento e furono essi che lo seppellirono com'egli aveva ordinato. Non si sa dove il Santo sia stato seppellito.
Antonio ebbe numerosi discepoli anche nel resto dell'Egitto. Ruffino li enumera nella sua Storia Ecclesiastica: Padri della vita monastica furono certamente Macario ed Isidoro, un altro Macario. Eraclide, Pambo, discepoli di Antonio, nell'Egitto e nelle parti desertiche del Nitria, uomini che erano ritenuti per il loro metodo di vita simili agli Angeli [...].
S. Atanasio ne scrisse devotamente la vita, traendo le notizie relative dagli stessi discepoli che erano convissuti con il Santo. Compilata in lingua greca fu poi tradotta in latino da Evagrio, vescovo di Antiochia. S. Gerolamo ce lo dice: Evagrio, vescovo di Antiochia, di fervido ingegno, ancora prete, mi lesse i suoi trattati che non aveva pubblicati: c'era anche la vita del B. Antonio, scritta da Atanasio, tradotta dal greco nel nostro idioma latino.
La vita di S. Antonio, scritta da S. Atanasio, non ha potuto essere impugnata neppure dagli eretici, essendo suffragata da comprovate testimonianze. La ricordano S. Gregorio Nazianzeno, Sozomeno, S. Giovanni Crisostomo, S. Efrem, l'autore della vita di S. Pacomio, il Palladio, Socrate, Ruffino, S. Agostino. La venerazione di Antonio è stata subito pubblica e universale. Si diceva volgarmente che con la sua morte anche gli elementi avevano pianto, poichè per tre anni il cielo sordo aveva lasciato inaridire quelle terre dell'Egitto e della Tebaide. La Siria cominciò ben presto a celebrare il suo natale, come lo indicano gli Atti di S. Eutimio abbate, scritti dal monaco Cirillo. il culto si propagò nell'Egitto, presso i Greci e i Latini. Il ricordo di S. Antonio venne apportato nell' Appendice del Manoscritto Sacramentario di S. Gregorio non molto dopo la sua morte [...].
Nella vita di Antonio, come in quella dei suoi più distinti discepoli, noi possiamo intravedere e riassumere il metodo e la regola monastica introdotta dal grande eremita. Il monaco che rinunziava al mondo e si consacrava a Dio, assumeva un vestito particolare che veniva dato per le mani stesse dell'Abate. Il vestito consisteva nel cilicio, in una veste di pelle, in un mantello e della cocolla; il suo colore era bianco ed era stretto ai fianchi da una cintura di cuoio. Il monaco si cibava di pane e di sale; la sua . bevanda era l'acqua; l'ora del pranzo era il tramonto del sole; si cibava anche di erbe crude condite di sale. Tuttavia, questo genere di vita cambiava alquanto secondo la diversità del clima delle regioni. La vita del monaco si svolgeva quasi tutta nella preghiera, nello studio della Sacra Scrittura e nel lavoro manuale [...].
I Martirologi Romano, del Beda, dell'Usuardo, del Notkero, dell'Adone, del Bellini e altri, commemorano il Santo al 17 gennaio e affermano che il sacro corpo del B. Antonio fu trovato al tempo dell'imperatore Giustiniano per divina rivelazione e portato ad Alessandria e inumato nella chiesa di S. Giovanni Battista.
Si discute in quale anno fu trovato: se nel 529, nel 531 oppure nel 541; se all'11 oppure al 13 di giugno.
Il Maurolico, al 13 giugno, commemora il ritrovamento e la traslazione del corpo del Santo a Costantinopoli. Il Saussey parla di una terza traslazione: Nello stesso giorno il ritrovamento del corpo del santissimo anacoreta Antonio, soprannominato Magno, che fu trasferito dall'Egitto a Costantinopoli e, di qui, nelle Gallie nella celebre basilica di Vienna che porta il suo nome, che è anche la sede dell'ordine religioso, dove riposa con degno onore.
Di questa terza traslazione abbiamo una descrizione fatta da un autore assai antico che sembra essere vissuto prima dell'istituzione dell' Ordine Antoniano; se ne assegnò il giorno al 17 marzo.
Il corpo di S. Antonio non fu portato tutto intero da Jocellino nelle Gallie. Infatti, Lamberto, preposito della Collegiata di Bruges, nell'anno 1231, chiese una parte del braccio di S. Antonio e varie reliquie di altri Santi, che furono poi portate nella stessa chiesa, a Bruges. Lo si attesta anche negli Annali delle Fiandre: Lamberto, vescovo della chiesa della B. Maria di Bruges portò a casa da Costantinopoli una parte del braccio di S. Antonio.
La barba del Santo viene conservata a Colonia nella sede parrocchiale di S. Cuniberto e, ogni anno, si rinnova il prodigio del sudore. Nella medesima città, nella chiesa dell'Ordine Antoniano vi si custodisce una parte notevole della mano del Santo. Anche a Tournay, ad Anversa e a Roma vi sono parti delle reliquie di S. Antonio.


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